Dividere una storia. Collane, serie, fumetti, piani editoriali. 26 mar 21

Cosa stai guardando su Netflix? Noi di Performing Digital, sappiamo che non serve dirlo, siamo dei veri “seriofili”. D’altronde, chi non si è affezionato al personaggio da cui si sente rappresentato, chi non conosce la trepidante attesa per la stagione in uscita, chi non ha mai mentito promettendo: “Un altro episodio e vado a letto, giuro!”?

Ammettilo. Quante volte, dopo una giornata di lavoro, non hai pensato anche tu “Ok, mi rilasso un attimo. Cucino veloce. Divano. Mi metto a vedere la serie s-u-b-i-t-o-!”. Imbarazzante, ma non preoccuparti: questo pensiero l’abbiamo fatto tutti, so go easy with yourself. E poi, a pensarci bene, non è certamente la prima volta che siamo -per così dire- dipendenti da qualcosa. Erano gli anni ‘90 quando l’impazienza ci portava dritti dritti in cartolibreria a domandare se fosse arrivato il nuovo numero di Topolino (o Diabolik, Dylan Dog, Witch, etc.). Where’s the difference? E poi, diciamolo, non siamo solo noi contemporanei ad avere questo difettuccio di fabbrica. Pensate alle signore dell’Inghilterra Vittoriana che, nel loro appartamento londinese, sospiravano fantasticando sul prossimo volume del romanzo preferito. Ok, ma (a parte sostenere le nostre par condicio sull’asse temporale) cos’hanno in comune, Netflix, Topolino e i romanzi in volumi dell’Ottocento?

Sono tutti puzzle di storie, racconti sezionati, trame interrotte e poi riprese. E poi? Sono narrazioni e rappresentazioni della realtà in cui vedersi riflessi, anche solo metaforicamente. La nostra dipendenza, invece, da dove arriva? Dall'innato desiderio di riavvolgere il filo di Arianna, dalla voglia di rimettere insieme i pezzi e assistere allo scioglimento del nodo: vogliamo legittimamente sapere com’è che va a finire. Vi starete chiedendo cosa c’entra tutto questo con un piano editoriale. Momento, momento. Lo storytelling di un piano editoriale, scandito in giornate di pubblicazione, parla di cose ed eventi che, potenzialmente, possono trovarsi nelle nostre vite. Un buon piano editoriale riesce a conferire ad ogni contenuto un messaggio completo, in grado di inserirsi in un quadro più ampio: la storia del brand, degli utenti che lo seguono, della loro relazione.

Più chiaro adesso? Sappiamo cosa pensate a questo punto: “Fuori le tips per realizzarlo!” Per farlo, riavvolgiamo un attimo il nastro e torniamo indietro, alla signora inglese sospirante, in attesa del prossimo volume del suo romanzo preferito. Ecco, vi proponiamo un trucco: dobbiamo ragionare un po’ come gli autori delle three-volumes-novels, letteralmente “romanzi in tre volumi”. Pronti a fare un tuffo nel passato? Andiamo con ordine.

Three-volumes novel, di che si tratta?

Di un formato standard utilizzato in Gran Bretagna per la pubblicazione dei romanzi di fiction del 1800. Lo spiega il nome stesso: i romanzi di dimensioni consistenti venivano suddivisi in tre parti, ciascuna pubblicata a una certa distanza di tempo dall’altra. In quell'epoca convivevano costi elevati per la stampa e la rilegatura dei libri e l’abitudine dei lettori di prenderli in prestito dalle così chiamate circulating libraries, piuttosto che acquistarli. Le circulating libraries (letteralmente “biblioteche in circolo”o “biblioteche che circolano”) funzionavano così: paghi un abbonamento, puoi prendere in prestito dei libri a un prezzo inferiore a quello che spenderesti per comprarli. Un po’ come succede per Netflix: sono molte di più le persone che possono permetterselo, rispetto a quelle che potrebbero andare al cinema tutte le sere. Al tempo, questa sorta di biblioteca era una felice alternativa per un gran numero di lettori delle classi medie: insomma, un mezzo efficace per raggiungere un’utenza ampia, al di là delle cerchie dell’aristocrazia, e talmente potente da diffondere l’alfabetizzazione. Un po’ il Facebook del 1800? Assolutamente sì!

I three-volumes-novel erano inseriti in questo circuito: ciò significava che un bibliotecario poteva guadagnare dalla data in prestito di ben tre volumi, piuttosto che di uno solo. Cosa succedeva fra l'uscita di un volume e quella del successivo? A parte il generarsi di un sentimento di suspence e curiosità (e quindi di attaccamento) nei lettori, l’autore e l’editore avevano il tempo di raccogliere un feedback da parte dell’utenza raggiunta, modificare le sfumature della storia e le caratteristiche dei protagonisti in base alla tendenze e alle mode dell’epoca, all’empatia maturata (o meno) dai lettori nei confronti dei personaggi, ad eventi contemporanei che potevano influire sulle concezioni comuni (non diteci che il Covid non ci ha fatto vedere le cose da un’altra prospettiva!). Quindi, facciamoci furbi: avete capito quanto è importante analizzare abitudini, interessi e momenti storici dell’utenza cui vi dirigete? Avete capito quanto sia vitale raccoglierne e analizzarne il feedback? Se sì, passiamo al prossimo punto.

Fiction: finzione.

Alla foto di noi che ci svegliamo sorridenti e pettinati il lunedì mattina non ci crede nessuno, ma la guardano tutti. I social sono un luogo di finzione, si sa. Sono e restano anche e soprattutto uno strumento di intrattenimento: una fuga provvisoria dalla ruotine che fa vedere le ruotine degli altri, ma in modo piacevole. Noi stessi e i brand mostriamo la nostra verità, il nostro quotidiano, ma filtrati dall’immagine che vogliamo dare agli altri. Di cosa credete che parlassero i three-volumes-novel ai lettori del 1800? Durante l'Età vittoriana, il romanzo era divenuto il genere portante della letteratura inglese. Tra il 1830 e il 1840, il romanzo a sfondo sociale dipingeva attraverso storie -anche fittizie- il quadro di un’epoca, di una collettività che aveva vissuto un’improvvisa industrializzazione con conseguenti problematiche sociali, politiche ed economiche. Sì, come i social, anche i libri parlavano di quotidianità: romanzata, ma pur sempre tale. Cosa vogliamo dire? Tra le buone pratiche di storytelling che un brand dovrebbe adottare, c’è quella di trattare tematiche pertinenti rispetto alla realtà, ai bisogni, agli usi, ai sentimenti delle persone. Utilizzare le piattaforme per raccontare una storia significa mostrare agli utenti la loro stessa realtà, informandoli su come i servizi/prodotti offerti dal brand potrebbero migliorarla, come potrebbero essere utili. Come ogni volume dei romanzi, ogni contenuto può essere letto autonomamente, presenta caratteristiche salienti, ma si integra in una trama più ampia: il piano editoriale.

Che ne dite, le circulating libraries, coi loro romanzi realisti, se lo meritano o no il titolo di “Nonni dei social”? Per noi, assolutamente sì. Good-bye!


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